Chiarimenti sulla disciplina delle note di variazione ai fini IVA - Studio Bogoni - Consulenza fiscale e societaria
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Chiarimenti sulla disciplina delle note di variazione ai fini IVA

Dopo i chiarimenti forniti con la circolare n. 20/E dello scorso 29 dicembre 2021, in merito alle rilevanti novità apportate all’art.26 del decreto iva da parte dell’articolo 18 del c.d. Decreto Sostegni-bis (D.L. 73/2021 convertito nella L. 106/2021), l’Agenzia delle entrate è tornata di recente sul tema delle note di variazione ai fini Iva, per fornire ulteriori precisazioni che possono assumere una certa rilevanza operativa per gli operatori commerciali.

In particolare ci soffermiamo sui chiarimenti che l’amministrazione finanziaria ha fornito in occasione di una risposta data nella recente manifestazione Telefisco “estate” organizzata lo scorso 15 giugno dalla stampa specializzata e sulle indicazioni fornite con la risposta a interpello n. 309/E/2022.

Vediamo nel dettaglio i temi trattati e le risposte fornite dall’Agenzia delle entrate.

La nota di credito nelle procedure concorsuali

Per effetto delle nuove previsioni introdotte nell’articolo 26, D.P.R. 633/1972 ad opera dell’articolo 18 del citato D.L. 73/2021, a partire dalle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 viene riconosciuta la possibilità per il creditore di operare la nota di variazione in diminuzione sin dal momento di apertura della procedura medesima.

A fronte di tale novità, l’Agenzia entrate con la citata circolare n. 20/E/2021 ha ritenuto che l’emissione della nota di variazione in diminuzione, necessaria per il recupero della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente. Deve, quindi, intendersi superata la posizione assunta in proposito con precedenti documenti di prassi, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” (cfr. circolare n. 77/2000, § 2.a, risoluzioni n. 155/E/2001, n. 89/E/2002 e n. 195/E/2008).

Relativamente alle modalità con le quali il creditore debba operare detta nota di variazione l’Agenzia delle entrate, nel recente incontro di Telefisco 2022, ha chiarito che la stessa deve essere emessa per variare – in tutto o in parte – il corrispettivo non incassato (imponibile e corrispondente imposta), non potendo essere emessa – con specifico riferimento alle procedure concorsuali – una nota di variazione per la sola imposta, consentita solo laddove si configuri una errata applicazione dell’aliquota.

Pertanto, prosegue l’Amministrazione finanziaria, se – nonostante sia stata emessa una nota di variazione del corrispettivo – la procedura decida di iscrivere al passivo solo “la parte relativa all’imponibile” (sulla base di un titolo ritenuto idoneo dal punto di vista civilistico), il creditore che sia soddisfatto – in tutto o in parte – del proprio credito, dovrà emettere una nota di variazione in aumento ripartendo proporzionalmente la somma incassata tra imponibile ed imposta.

Conforme a tale soluzione l’Agenzia delle entrate richiama suoi precedenti interventi di prassi (risoluzione n. 127/E/2008 e risposta a interpello n. 801/E/2021) sebbene riferiti, specularmente, al caso della nota di variazione in diminuzione.

Rimborso come alternativa all’impossibilità di emettere nota di credito

Con la risposta all’interpello n. 309/E/2022 l’Agenzia delle entrate affronta la tematica, tutt’altro che infrequente, del creditore fallimentare che, pur insinuatosi nel fallimento, cessa la propria posizione Iva nelle more del fallimento attesa la sua lunga durata e, successivamente, alla conclusione della procedura non ottiene nulla oppure ottiene solo parzialmente il riconoscimento del proprio credito. Chiedendosi in questi casi se e con quali strumenti sia possibile recuperare l’imposta non dovuta a seguito della infruttuosità della procedura stessa, attesa la mancanza del requisito soggettivo (la partita Iva) per poter emettere la nota di credito.

Il caso si riferisce evidentemente alla situazione precedente alle modifiche apportate con il decreto Sostegno bis (procedura aperta prima del 26 maggio 2021) e quindi, ad una situazione nella quale il ricorso alla nota di variazione risulta comunque subordinato alla verificata infruttuosità della procedura che l’Agenzia delle entrate ha individuato nella scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni da parte dei creditori al decreto di chiusura del fallimento.

In merito all’utilizzo di strumenti alternativi per recuperare l’Iva non dovuta, l’Agenzia delle entrate con la citata circolare n. 20/E/2021, al § 6, ha chiarito che gli stessi, in generale, non sono tra loro alternativi, precisando che:

 

il superamento del limite temporale previsto dal Legislatore per l’esercizio del diritto alla detrazione – rinvenibile dal combinato disposto degli articoli 26, commi 2 e seguenti, e 19, comma 1, Decreto Iva – non implica, in via generale, che il recupero dell’imposta non detratta possa avvenire, alternativamente, presentando, in una fase successiva, la dichiarazione integrativa a favore di cui all’articolo 8, comma 6-bis, D.P.R. 322/1998, contenente la riduzione non operata dell’imposta, o un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 30-ter, Decreto Iva”.

 

Pur negando, quindi, il ricorso “automatico” ad altri strumenti (come la dichiarazione integrativa o l’istanza di rimborso) alternativi alla nota di credito qualora il termine per la sua corretta emissione sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo, con la recente risposta a interpello n. 309/E/2022 l’Agenzia delle entrate riconosce la possibilità di ricorrere al rimborso ai sensi dell’articolo 30-ter, Decreto Iva laddove, ad esempio, il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26, D.P.R. 633/1972.

Tenendo presente che con la procedura di rimborso di cui al citato articolo 30-ter, comma 1, Decreto Iva il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 20/E/2021 ha ritenuto che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questa trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso in commento l’emissione di una nota di variazione in diminuzione), ritenendosi invece l’istituto non utilizzabile per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per colpevole inerzia del soggetto passivo. Infine l’Agenzia delle entrate, nel caso in commento, subordina la possibilità di presentare istanza di rimborso alla dimostrazione del creditore fallimentare di aver assolto correttamente tutti gli adempimenti di legge e di aver fatto concorrere a suo tempo l’Iva addebitata in rivalsa nella liquidazione periodica e annuale di riferimento.