ESENZIONE IMU PER GLI “ALLOGGI SOCIALI” - Studio Bogoni - Consulenza fiscale e societaria
20480
post-template-default,single,single-post,postid-20480,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-theme-ver-13.2,qode-theme-bridge,wpb-js-composer js-comp-ver-5.4.5,vc_responsive

ESENZIONE IMU PER GLI “ALLOGGI SOCIALI”

Con la risoluzione n. 2/DF del 20 marzo 2023 il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) è intervenuto per dare indicazioni operative per l’applicazione dell’esenzione Imu a favore degli immobili qualificabili come alloggi sociali ai sensi del D.M. 22 aprile 2008. Si tratta di immobili di proprietà di istituti, normalmente edificati con contributi o altre agevolazioni pubbliche, che vengono locati a canone calmierato.

Si tratta di una previsione di assimilazione all’abitazione principale vigente da tempo (è presente nella nuova Imu vigente dal 2020, ma analoga disposizione era prevista con contenuto nella sostanza inalterato anche in precedenza), ma in relazione alla quale non sono mai state date indicazioni precise circa le modalità di applicazione.

Il chiarimento centrale contenuto nel documento di prassi in commento riguarda la gestione della fase di pre-assegnazione, quella nella quale l’immobile è temporaneamente inutilizzato a causa degli adempimenti amministrativi necessari all’assegnazione dell’immobile.

 

L’esenzione per gli alloggi sociali

La norma di riferimento per la “nuova Imu” applicabile dal 2020 è, come noto, la L 160/2019; in particolare, il c. 741 si occupa di definire le fattispecie imponibili dei fabbricati e le ipotesi di esenzione.

Al riguardo, l’articolo 1, comma 741, lettera b) fornisce la definizione di abitazione principale, mentre la successiva lettera c) elenca le ipotesi di assimilazione all’abitazione principale (che, in quanto tali, conferiscono il diritto a fruire dell’esenzione dal pagamento dell’Imu).

Sul punto si ricorda che la circolare n. 1/DF ebbe modo di precisare che le assimilazioni di cui alla lett. c) del comma 741 in parola hanno carattere peculiare e prendono in considerazione proprio quelle fattispecie che altrimenti non potrebbero rientrare nell’ipotesi tipica di abitazione principale di cui alla precedente lettera b).

All’interno dell’elencazione delle ipotesi di assimilazione di cui alla lettera c), il punto n. 3 stabilisce che si considerano abitazioni principali: “i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale”.

La richiamata circolare n. 1/DF/20 chiarì come la fattispecie degli alloggi sociali si distingue da quella degli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica (ERP), per i quali, a norma dell’articolo 1, comma 749, L. 160/2019, è prevista l’applicazione della detrazione di 200 euro e dell’aliquota ordinaria. Eventualmente, per questi ultimi, il Comune potrebbe anche prevedere l’applicazione di una specifica aliquota ridotta. Come detto, invece, è esclusa l’esenzione.

Il decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008 contiene la definizione di alloggio sociale e individua le caratteristiche e i requisiti che gli immobili devono possedere per essere ricompresi in tale categoria.

Nel caso degli alloggi sociali assume rilievo determinante, ai fini di qualificare l’assimilazione e innescare la conseguente esenzione:

  • la corrispondenza dell’alloggio alle caratteristiche individuate dal DM 22 aprile 2008; e
  • il fatto che lo stesso sia adibito ad abitazione principale (nel senso che l’assegnatario deve aver trasferito la residenza nell’immobile e deve averlo adibito ad abitazione principale).

In ragione di quest’ultimo requisito, la risoluzione in commento rileva come detta assimilazione debba circoscriversi ai soli casi in cui l’alloggio sociale sia effettivamente utilizzato dall’assegnatario come abitazione principale, mentre, al contrario, l’agevolazione debba escludersi per gli appartamenti sfitti e comunque tenuti a disposizione.

 

Il periodo di riassegnazione

La questione posta all’attenzione del Ministero dagli istituti che hanno proposto l’interpello che poi è sfociato nella risoluzione oggetto di commento, attiene alla circostanza che per brevi periodi l’immobile potrebbe essere sfitto, non per volontà del locatore, ma al contrario per vicende legate all’avvicendamento degli utilizzatori.

Sul punto la risoluzione n. 2/DF puntualizza che l’agevolazione in questione si deve ritenere applicabile anche agli alloggi temporaneamente non locati, sulla base della circostanza che gli stessi possano risultare, per un determinato periodo di tempo, sfitti “per un evento indipendente dalla volontà del proprietario, al quale la norma in esame richiede esclusivamente di “adibire”, cioè “destinare” l’immobile ad abitazione principale del conduttore”.

L’elemento centrale valutato nella risoluzione è appunto il periodo di riassegnazione, che per questioni amministrative potrebbe anche estendersi per alcuni mesi; l’attività di assegnazione dell’alloggio sociale, infatti, è preceduta da operazioni tecnico-amministrative finalizzate all’individuazione dell’assegnatario.

Secondo il Mef, durante il periodo strettamente necessario all’espletamento di tali attività, l’agevolazione non viene meno, “poiché lo svolgimento delle stesse garantisce necessariamente e indirettamente la finalità di housing sociale voluta dal legislatore”.

È però necessario che il Comune individui, con proprio regolamento, un lasso temporale, nel corso del quale dovrebbero essere svolte le attività strumentali all’individuazione dell’assegnatario, idoneo a giustificare il persistere dell’assimilazione ad abitazione principale ai fini Imu anche per l’alloggio sociale in corso di riassegnazione.

Secondo il Mef, dovrebbe considerarsi congruo, indicativamente, un periodo di quattro/sei mesi.

In alternativa, il Comune potrebbe prevedere, sempre in via regolamentare, la diminuzione, fino all’azzeramento, dell’aliquota di base, pari allo 0,86%, prevista per gli immobili diversi dall’abitazione principale, ex articolo 1, comma 754, L. 160/2019. Tale seconda soluzione, al pari della precedente, richiede comunque un intervento dell’ente locale: è necessario che, sempre con proprio regolamento, il Comune determini il periodo entro il quale può considerarsi fisiologico lo svolgimento delle attività tecnico-amministrative dirette all’assegnazione dell’immobile.